Un Cip al sole

UCAS, sembra la sigla di un sindacato, e in realtà qualcosa tutela: l’immediatezza della comunicazione e la pulizia del messaggio che le nostre tradizioni hanno conservato nel tempo, o almeno, per come ce lo raccontano i diretti portatori che nel tempo, ma continuamente, hanno potuto osservare il movimento e lo spostamento degli elementi fondanti.
L’esplosione della “riscoperta” degli ultimi 30 anni ha disperso tracce ovunque, attendibili o meno credibili, ma ha fatto breccia ad un fenomeno ancora inarrestabile, alimentato spesso da virtuosismi ostentati e tecniche improvvisate, sia nella musica che nella danza.
Il grande merito è aver creato un “movimento” carismatico, in cui però l’autenticità dell’elemento tradizionale spesso e’ sacrificata allo spettacolo e alle coreografie, alle volte anche molto ben confezionati.
Quindi, bisognava scendere dal palco per tornare a godere dei virtuosismi naturali e imperfetti delle voci, sostenuti dal silenzio dei partecipanti o da una tammorra che fa da cassa di risonanza, seduti intorno ad un tavolo imbandito con prodotti tipici, accompagnati dai canti che raccontano il luogo, la fatica dell’esistere, l’amore.
Ecco, la danza si muove secondo questi criteri, e il suono si adatta al suo svolgimento, secondo un messaggio non preannunciato, ma insito in questo gioco circolare, tacito.
“Un Cip al sole” ripercorre il solco già tracciato dal Cip negli anni passati con le rassegne “Vacanze Romane” “Meeting delle danze tradizionali di Sud in Ballo” e “Meeting del Tamburello”, per rinforzare l’intento e dare nuova linfa attraverso la voce e gli esempi delle ultime generazioni che dei loro territori apprendono la ricchezza culturale, e che nei loro territori tornano, per non disperderla!

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